Cosa accadrebbe se oggetti in scala come i giocattoli riproducenti elementi del contesto urbano, nella fattispecie veicoli e architetture, normalmente di dimensioni contenute, si trasformassero in elementi a grandezza naturale calati nella Roma contemporanea?
City playground parte da questa curiosità e, mettendo in discussione l’obiettività del segno fotografico, tenta di investigare i molteplici aspetti e contrasti della città attraverso il montaggio fotografico.

Capitolo 1 – LEGO al di fuori di LEGOLAND
I bambini dagli anni ’70 in poi poterono trasformarsi in urbanisti in erba con le potenzialità e la varietà di colori e forme delle scatole da costruzioni LEGO della serie LEGOLAND: strade, isolati, case, parchi, scuole, ecc. consentivano ad ognuno di creare la propria “città ideale” che forse per i designer della casa danese avrebbe dovuto tendere le future generazioni ad una società rispettosa dell’ambiente e del prossimo; la violenza era assente dagli scenari idillici veicolati dai depliant, i personaggi (minifig) avevano una sola espressione sempre sorridente.
A decenni di distanza la trasposizione nella realtà di questa città ideale rimane ancora lontana; i giocattoli, calati nel contesto urbano, evidenziano il contrasto stridente tra Utopia e realtà, caricandosi di vizi, virtù, velleità degli esseri umani.
Capitolo 2 – una fattoria in città
L’iconica fattoria della Fisher-Price può definirsi il primo contatto dell’autore con un modello in scala di “architettura elementare” (la propria capanna primordiale dell’abate Laugier), l’originale elemento ormai vecchio e consunto prende nuova vita, acquistando dimensioni reali, riempiendo spazi vuoti, luoghi abbandonati o trascurati di Roma, reinventando di volta in volta lo spazio urbano come i murales degli street-artists mutando la percezione della città, testimone silenzioso del processo di gentrification che sta interessando alcune zone della città.
Capitolo 3 – dietro il muro
Osservando la città non è insolito scorgere edifici più alti degli adiacenti che presentano facciate laterali completamente cieche.
Queste superfici hanno attirato la curiosità dall’autore: tolto il sottile strato di intonaco quale materia verrebbe alla luce? cosa si nasconde dietro quel muro? incoraggiandolo ad indagare la matericità di edifici del centro storico di Roma, gli oggetti inseriti in questi montaggi non sono in aggiunta come i precedenti ma in sottrazione eseguendo un’operazione booleana: forme geometriche elementari, il cono e la sfera, sottratte alla consistenza edificata creano tagli ellittici e circolari nell’intersezione con i piani delle murature portanti, tramezzi e solai. Una ricerca formale e geometrica chiaramente ispirata all’opera dell’artista-anarchitetto statunitense Gordon Matta-Clark (1943-1978) che mediante chirurgiche asportazioni di elementi architettonici giunge ad una lettura stratigrafica e caleidoscopica dell’edificio. Domenico Franco ha immaginato attraverso un lavoro manuale e concettuale la smaterializzazione dell’organismo edilizio attuata costruendo con i mattoncini LEGO ipotetici scenari introspettivi, proponendo l’antinomia di costruzione per demolizione.
L’uso del bianco e nero lascia percepire la materia e non ostacola l’osservatore nel processo di astrazione.
Ogni immagine è frutto di un accurato lavoro di sovrapposizione prospettica di due fotografie: quella della quinta urbana e quella dell’oggetto ludico. Per raggiungere un corretto fotorealismo il procedimento ha dovuto tener conto delle leggi della prospettiva onde evitare distorsioni geometriche e incoerenza nell’illuminazione e nei riflessi mediante una lunga lavorazione decisamente artigianale in controtendenza con l’immediatezza dell’immaginario figurativo oggi dominante: l’autore ha espressamente voluto inserire giocattoli reali, fisici, invece di loro ricostruzioni virtuali.
https://www.macba.cat/en/video-gordon-matta-clark-harold-berg
nessuna veduta è surrealista nella misura in cui lo è il vero volto della città
Walter Benjamin